Trentino da sempre grande vino

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Il Fiume Adige

Il Trentino – Alto Adige (o Süd Tirol) due regioni divise dalla lingua ma unite dall’Adige, il secondo fiume d’Italia per lunghezza e terzo per portata che da Nord a sud attraversa nell’ordine Merano, Bolzano Trento e Rovereto.

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Coltivazioni a pergola trentina

Interamente montuosa con i massicci dolomitici e le celebri valli delle mele, la regione più settentrionale d’Italia è storicamente terra di grandi vini, i suoi terreni tutti collinari o di montagna  con favorevoli esposizioni e buon drenaggio, la cura proverbiale dei viticoltori, il tradizionale sistema di allevamento. La pergola trentina infatti oltre che essere elemento caratterizzante di un patrimonio paesistico da salvaguardare,  risponde perfettamente alle caratteristiche del territorio, con i grappoli ben intervallati e soleggiati, in un clima alpino con forti escursioni termiche, che arricchiscono le uve di complessità e profumi.

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La Cantina Ce,bra, la cantina più alta d’iIalia

In Trentino il vino ha una storia antica, i primi ritrovamenti risalgono al IV-VII secolo a.C. in Val di Cembra, la valle del porfido, l’oro rosso che che arricchisce i vini della omonima cantina del gruppo La-Vis, la più alta d’Italia, di una straordinaria persistenza minerale, qui tra le terrazze ricavate su pendii inaccessibili ove da una viticultura eroica ottiene straordinari Müller Thurgau come il Vigna delle Forche o meravigliosi spumanti come Oro Rosso , qui fu rinvenuta nel 1825 una situla bronzea ora al castello del Buonconsiglio di Trento.

La tipologia è quella delle situle diffuse nel mondo greco come recipienti per il simposio, sull’orlo e sul manico della situla di Cembra compaiono cinque parole incise con caratteri in alfabeto retico, probabile dedica del vino reso in omaggio alla divinità.

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La situala di Cembra, con il disegno delle iscrizioni in alfabeto retico e la situla di Sanzano

Ancor più significativa forse, della importanza della cultura del vino nella regione, il ritrovamento della situla di Sanzeno in Val di Non, con decorazione a sbalzo di una scena erotica, ove il vino contenuto nelle situle veniva offerto in forma rituale con dei mestoli agli amanti distesi in un amplesso, per favorirne l’ardore e la fertilità.

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Il Monastero di San Michele all’Adige

I romani estesero tecniche colturali e vitigni,  l’imperatore Augusto apprezzava il vino Retico, e l’editto di Domiziano del 92 d.C. che per contenere l’eccesso di produzione nell’impero e la conseguente scadente qualità, ne vietava la produzione nelle regioni più settentrionali, aprì in realtà nuovi mercati verso il nord al vino trentino che nel medioevo veniva ancora coltivato nei monasteri con notevoli interessi e acquisizioni dalla Baviera e dalla Svevia.

In tempi più recenti I vini da Schiava  Teroldego e Marzemino venivano apprezzati nelle corti europee  tanto da essere inserito da Mozart nella celebre scena del banchetto del Don Giovanni “Leporello versa il vino, eccellente Marzemino!”. Il Don Giovanni di Losey, la scena del banchetto

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L’Istituto San Michele all’Adige

Nel 1847 la dieta regionale tirolese di Innsbruck, che aveva acquistato il monastero e relativi beni, deliberò di attivare a San Michele all’Adige una scuola agraria con annessa stazione sperimentale, per la rinascita dell’agricoltura della zona dopo i disastri dell’oidio e della peronospora e che divenne presto uno dei principali atenei di viticultura italiani.

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dati produzione ed esportazione da i numeri del vino www.inumeridelvino.it

Da sempre quindi qui è la qualità che conta, non la quantità, oltre l’80% della produzione è DOC e a fronte di una produzione nel 2012 di circa 1.200.000 hl (in crescita del 7% per le DOC) il trentino con il 3% della produzione nazionale contribuisce con il 5% al valore delle esportazioni di vini Italiani di qualità.

Il Trentino è principalmente terra di vini bianchi, il 60% della produzione totale, tra cui spiccano i migliori spumanti d’Italia, quel Trento doc che include monumenti come il Giulio Ferrari riserva del Fondatore e Mathius di Dorigati, gli unici in grado di competere con i grandi Champagne in termini di complessità e struttura minerale.ferrari4

Il Primo “Champagne” italiano nasce nel 1902 dal sogno di Giulio Ferrari enologo allievo della prestigiosa Scuola di Viticoltura di  Montpellier, che crea in Italia lo “Champagne G. Ferrari Maximum Sec, Trento” come si poteva riportare in etichetta fino al 1947, la cantina fu acquisita nel 1952 da Bruno  Lunelli che proseguì il percorso di eccellenza del fondatore che continua tuttora con la  Collezione di Giulio Ferrari riserva del Fondatore 1995, 16 anni sui lieviti, da un cru di montagna, il Maso Pianizzi, la punta di diamante di un progetto che farà crescere i tempi di affinamento di tutta la produzione passata dalle 8.800 bottiglie del 1952 alle 4.500.000 del 2002, l’anno del centenario.

Cantine Ferrari, e il Carapace di Arnaldo Pomodoro costruito per le celebrazioni del centenario
Cantine Ferrari, e il Carapace di Arnaldo Pomodoro costruito per le celebrazioni del centenario

Ma tutta la produzione Trento DOC è di straordinaria qualità basta ricordare gli eccellenti risultati ottenuti da una delle maggiori realtà cooperative d’Italia come CAVIT con 4500 piccoli viticoltori  associati e 11 cantine  per oltre 62.000.000 di bottiglie prodotte, di cui però appena 12.000 per un eccellente Trento Brut Altemasi  GRAAL Riserva, o quelli del grande campione di ciclismo Francesco Moser e della sua giovane cantina con il Trento Brut 51,151 dal risultato del suo record dell’ora conquistato a Città del Messico del 1984, o il Riserva del Fondatore 976 di Letrari o il Trento Brut Domini Pinot Nero Millesimato 2008 dell’Abate Nero, etichetta di Luciano Lunelli dedicata a Pierre Perignon, creatore dello Champagne, dal 1668 abate dell’abbazia di Hautvillers.

I vini rossi non sono però da meno, a due passi dallo spettacolare Castello di Avio viene infatti prodotto uno dei più straordinari vini d’Italia, Il San Leonardo della omonima tenuta di Carlo Guerrieri Gonzaga, un rosso Igt taglio bordolese di altissimo livello, e il più recente Carmenère da omonimo vitigno, mentre non lontano dal castello di Thun il Teroldego Rotaliano si arricchisce di spessore minerale sui sassi calcarei e granitici del Campo Rotaliano dove Elisabetta Foradori ne crea  una straordinaria versione in purezza di grande spessore e complessità: il Granato. Da segnalare anche il Clesurae della Cantina (cooperativa) Rotaliana, ulteriore segno che qui l’associazionismo non produce livellamenti in basso della qualità, ma fa crescere tutti.

Uno spirito che si rinnova nel Dòron un vino dolce da Marzemino gentile in purezza della cantina Rosi del consorzio de “i Dolomitici Liberi Viticoltori Trentini” dieci viticoltori uniti dall’amicizia, dalla solidarietà e da una visione comune: la valorizzazione dell’originalità e della diversità della viticoltura trentina nel rispetto di un’etica produttiva condivisa.ferrari311

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