Che Utopia!

Le Marche interpretate da Montecappone

Un’identità orgogliosa legata alla terra e una mentalità decisamente incline al commercio: sono questi i caratteri distintivi della famiglia Bomprezzi – Mirizzi, che nel 1997 rileva l’azienda di Jesi. La regione presenta tutta una serie di valli, come ad esempio la Vallesina, che costituiscono un vero e proprio imbuto verso l’Adriatico. Il risultato è: influsso marino matematico, buona ventilazione e sapidità costante.

Montecappone è un’azienda essenzialmente bianchista e ci propone una linea di punta chiamata “Utopia”, che tutto è fuorché un sogno irrealizzabile. Sul Verdicchio, bianco principe delle Marche, viene effettuata, sotto la supervisione dell’enologo Lorenzo Landi, una vinificazione neutra, che punti a valorizzare ciò che la natura ha prodotto, senza andare a modificare quelli che sono i caratteri primari del vitigno,  ovvero credendo fermamente nel fatto che il terroir sta nell’uva.

A Montecappone le vasche di cemento sono compatibili col vino di qualità. Esse hanno, infatti, due enormi vantaggi rispetto all’acciaio: mantengono la temperatura, grazie al loro spessore, e rappresentano una forma di contenitore più neutra, evitando così di dover ricorrere alla cosmetica forzata del legno.
Se volessimo azzardare una mini verticale, si potrebbe partire con il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Utopia Riserva 2008: un bianco concepito per la maturazione, che affina 12 mesi in cemento e 6 in bottiglia. Un naso dove il floreale evolve verso l’acacia, il frutto si incarna in una pesca noce e il tutto si va a saldare con una mineralità importante. Una struttura simile, che ritroviamo poi anche al palato, chiama un coniglio, un pesce spada o dei formaggi di media stagionatura.
Nell’Utopia 2009, il Verdicchio accentua il salmastro, ma rivela anche una macedonia a polpa bianca e una punta di miele, che addolcisce la severità del minerale di pietra focaia. All’assaggio gli stimoli pseudo calorici risultano ben bilanciati da una freschezza mentolata che vira verso l’anice.
Ma il bello del Verdicchio è che non lo si trova mai uguale: l’annata 2010, più fresca ed equilibrata, sprigiona profumi che richiamano il Federico II, altro splendido prodotto aziendale, come pera estiva, pesca giallona, biancospino e mughetto, tutti aromi, questi, che ci riportano a un’idea di fragranza e gioventù. In bocca l’acidità guida la progressione e va a braccetto con l’altra parte dura del vino, la sapidità. In base a quest’ultima considerazione, il più piccino dei tre ha sicuramente bisogno di maggior tempo per raggiungere il suo equilibrio.
Concludendo in termini di accostamento, se la pietanza è robusta, infischiamocene del colore e abbiniamo un Verdicchio Riserva.

Serena Zerilli

Che Utopia!

Cucine d'Italia consiglia